Formula 1, in ricordo di Gilles Villeneuve - La Gazzetta dello Sport

2022-10-10 19:15:00 By : Mr. curry zhang

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"La Formula 1 è noiosa". Quante volte ci siamo sentiti ripetere questa frase, analoga, per banalità, a quella di chi sentenzia che "non ci sono più le mezze stagioni"? Per alcuni anni forse è stato vero. Ora, per esempio, non è più così. E certamente le gare delle monoposto non erano noiose quando a guidare la Ferrari era Gilles Villeneuve. Oggi il pilota canadese avrebbe settantadue anni e sarebbe, forse, un commentatore delle gare sui circuiti. Ma io non riesco a immaginarlo seduto davanti a un microfono o alla tastiera del computer.

Gilles Villeneuve era la velocità. Non era solo veloce nella guida. La sua stessa vita era veloce. È stata veloce. Trentadue anni, questa l’età in cui è morto. Suo padre faceva un mestiere che era all’opposto della passione del piccolo Gilles: era un accordatore di pianoforti. Elogio della lentezza assoluta. Gilles aveva iniziato correndo sulla neve, con le motoslitte. Era diventato campione del mondo. Schizzava come una freccia sulla superficie bianca, controllando quel piccolo mezzo. Era minuto di statura, aveva occhi profondi e parlanti, destava tenerezza e rispetto, insieme. A me è sempre sembrato un eroe malinconico, portava con sé qualcosa che sembrava un presagio. Forse per questo l’ho amato tanto.

Era un modo di intendere la vita, Gilles. Sembrava qualcosa a metà tra James Dean, morto a ventiquattro anni proprio in un incidente d’auto, e Philippe Petit, l’uomo che camminò su una fune d’acciaio tra le due torri gemelle. Della sua vita sportiva si ricordano gli episodi più leggendari: quando corse con l’alettone fracassato, o la folle decisione, a Zandvoort, dopo che un copertone si era afflosciato, di proseguire su tre ruote, provocando scintille sull’asfalto ed entusiasmo sugli spalti. Nello stesso anno, in Francia, Villeneuve aveva dato vita, con René Arnoux, a uno dei più spettacolari duelli della storia dell’automobilismo moderno.

Un altro duello, stavolta fratricida, andò in scena a Imola nel 1982. Questa volta il suo avversario era il compagno di squadra Didier Pironi. Si sono scritti fiumi d’inchiostro su quei giri in cui si consuma molto di più di una vittoria sul circuito del Gran Premio di San Marino. “Slow”, gli scrissero dai box, mentre lui era in testa. Gilles alzò il piede dall’acceleratore per mantenere le posizioni e non mettere a rischio la macchina. Pironi invece lo sorpassò accelerando. Gilles pensò lo facesse per far divertire il pubblico e assecondò quello che pensava fosse puro spettacolo. Ma Pironi, altro che “slow”, faceva sul serio e al termine di quell’inusitato e adrenalinico duello, vinse quel Gran Premio.

Villeneuve era furioso, si sentiva tradito dal compagno di scuderia e dalla Ferrari. Non si nascose, non coprì la rabbia con ipocrite frasi di circostanza. Raccontò il suo dispiacere a giornalisti e colleghi. Tredici giorni dopo, durante le prove in Belgio, Gilles farà il suo ultimo volo, quello fatale. Allora in Formula 1 si moriva facilmente e la sicurezza non era quella di oggi. Jody Scheckter disse di Gilles che era stato il pilota più veloce della storia. Villeneuve non ha vinto mai un campionato del mondo. Eppure è nella memoria di tutti. È passato veloce. Ma è rimasto.

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